Aborto farmacologico. Manifestazione al grido: "Libere di scegliere!"

Aborto farmacologico. Manifestazione al grido: "Libere di scegliere!"

Tante donne, ma anche uomini, in piazza IV Novembre a Perugia, chiamati per la manifestazione contro l’abolizione dell’aborto farmacologico dall’organizzazione RU2020, ovvero la Rete umbra per l’autodeterminazione, animata dalle numerose realtà associative femministe e da singole donne dell’Umbria. La pioggia non ha fermato la protesta contro la delibera della Giunta regionale umbra che di fatto cancella la possibilità dell’aborto farmacologico e obbliga all’ospedalizzazione per tre giorni le donne in procinto e che hanno palesato la volontà di abortire. “Riteniamo che questa scelta – hanno spiegato le organizzatrici della manifestazione – non sia a tutela della salute delle donne, come sostenuto dalla presidente Tesei, ma che vada nella direzione esattamente opposta: prevedere un ricovero ospedaliero di tre giorni, forzato e inutile, rende il momento dell’interruzione della gravidanza ancor più difficile e doloroso. Peraltro il tutto avviene in un momento particolarmente delicato per il sistema sanitario regionale, a causa dell’emergenza Coronavirus”. Per contrastare la decisione del Governo regionale è stata avviata anche una petizione che ha raggiunto oltre 30mila firme. La manifestazione è stata colorata. Cartelli recitavano: "Libera Scelta! RU garantita in tutto il territorio" o "Libere di scegliere", ovvero lo slogan della mobilitazione.
Molti i rappresentanti del mondo della politica che hanno sostenuto la Rete e che hanno accusato l’Esecutivo di aver fatto veicolare la decisione da dinamiche politiche. Anche a livello nazionale c’è stata una presa di posizione a tutti i livelli che è arrivata anche sul tavolo del Ministro della Salute Speranza, il quale ha intenzione di mettere mano a nuove linee guida nazionali, perché l’aborto farmacologico possa essere fatto in day hospital, in ambulatorio senza giorni in ospedale obbligatori e per questo lo stesso Ministro ha chiesto al Consiglio Superiore di Sanità un nuovo parere, a dieci anni di distanza dal primo.